Il concetto di “educazione non violenta” è sufficiente
a eliminare la violenza sui minori?

 

Lunedì 30 aprile ricorre in tutto il mondo la Giornata Internazionale dell’Educazione Non Violenta.
Una data molto significativa per ASPI che, dal 1991, si pone come obiettivo di mettere fine a ogni forma di maltrattamento infantile. Una giornata che fa riflettere e fa sorgere alcune domande: ha senso la sua esistenza alle nostre latitudini? Cosa significa “educazione non violenta”? È sufficiente questo concetto o bisognerebbe anche parlare di modelli educativi rispettosi? Per tutelare i nostri bambini occorre una legge specifica?

All’origine del movimento contro i maltrattamenti nei confronti dei minori, vi è l’associazione statunitense EPOCH (End Physical Punishment for Children), il cui scopo era di attirare l’attenzione del grande pubblico sulle punizioni corporali nei confronti dei bambini. Iniziativa che ha trovato un largo consenso e sostegno dalle Nazioni Unite e che in ben 53 paesi del mondo è diventata persino legge.

 

Qual è la situazione in Svizzera?

Nella Confederazione Elvetica nessuna legge vieta esplicitamente l’uso della violenza nell’educazione. Eppure, le conseguenze negative della violenza sullo sviluppo infantile sono numerose e comprovate.  In Europa, e anche nel nostro stesso Cantone, il maltrattamento fisico e/o psichico infantile è purtroppo una realtà, più grande di quanto ci si possa immaginare. I dati parlano chiaro: 2 bambini su 10 sono maltrattati (fonte: Lips, U., 2011, Kinderschutz Schweiz).

Inoltre, alle nostre latitudini c’è un’altra discussione ancora aperta: non tutti concordano sulla definizione di “educazione violenta”. Nei confronti dei bambini, purtroppo, sono ancora agiti, accettati e tollerati gesti e modi di fare che nessun adulto tollererebbe su di sé.

 

Il buon trattamento: l’unico modo per contrastare il maltrattamento!

ASPI crede che l’accento vada quindi posto sulla promozione di nuovi modelli educativi e non violenti, che si basino prima di tutto sul RISPETTO del minore al pari di un adulto, nonché sul concetto di BUON TRATTAMENTO. Per questo motivo, probabilmente parlare esclusivamente di educazione non violenta non è sufficiente: occorre fornire a tutte le figure coinvolte nell’educazione e nella crescita dei bambini, nonché ai bambini stessi, delle competenze di vita che si basino su relazioni rispettose, sostituendo modelli educativi superati e aiutando concretamente tutti a proseguire insieme con determinazione verso il concetto di VIOLENZA ZERO. Concetto espresso anche dalla rappresentante speciale dell’ONU per le questioni riguardanti la violenza sui bambini, Marta Santos Pais.

 

La buona notizia si chiama INSPIRE!

L’importanza dell’educazione non violenta è sostenuta anche dal programma “INSPIRE: sette strategie per porre fine alla violenza sui bambini” [1], lanciato dall’OMS nel 2017. La prima strategia di questo documento riguarda proprio le leggi e in particolare il fatto che le punizioni corporali sono da vietare. Numerosi enti e personalità in tutto il mondo si impegnano in quest’ottica e hanno costituito tutti assieme il “Global Partnership to End Violence Against Children” (GPeVAC). [2]

ASPI sostiene pertanto l’introduzione di una legge che proibisca l’uso di punizioni corporali o di qualsiasi trattamento degradante sui bambini.

 

Permissivismo?

Concludiamo dicendo che alcuni interpretano il messaggio di un’educazione non violenta come una promozione del permissivismo. Ci teniamo quindi a fare chiarezza:

  • Il bambino ha bisogno di essere educato. Questo è un suo diritto sancito dalla Convenzione ONU sui diritti del bambino (Art. 28 e 29).
  • Il permissivismo rientra nel capitolo “trascuratezza” e costituisce un maltrattamento. Le sue conseguenze sono dannose per i bambini.

Quello che ASPI chiede per ricordare e celebrare il No Hitting Day, quindi, è che si usi lo stesso RISPETTO verso i bambini di quello che si dimostra agli adulti. Non si tratta di lasciare fare tutto ai bambini e lasciarli diventare dei piccoli tiranni… Si tratta di dire loro di NO con lo stesso rispetto che si usa quando il no è indirizzato a un adulto.

 

“Vorrei lanciare una sfida ad ASPI, ossia di comunicare ed aiutare altri enti
in altre parti del mondo a raggiungere quello che avete fatto con successo.
Molte regioni del mondo non hanno un’ASPI e possono imparare tramite la vostra esperienza e il vostro successo cercando di emulare quello che ha fatto ASPI.
Dovrebbe esserci un’ASPI in ogni regione del Mondo”.

Alex Butchart, Responsabile OMS della prevenzione

 

 

 

[1] http://apps.who.int/iris/bitstream/10665/254627/1/9789242565355-fre.pdf?ua=1

[2] http://www.endcorporalpunishment.org