Giornata Internazionale dell’Educazione Non Violenta.

Dal 1998, il 30 aprile decorre la Giornata Internazionale dell’Educazione Non Violenta, l’occasione per ricordare che la punizione corporale è la forma di violenza contro i bambini più diffusa al mondo.

 

Cosa si intende per punizione corporale?

Il Comitato ONU per i diritti del fanciullo definisce le punizioni corporali o fisiche come “qualsiasi punizione in cui la forza fisica è usata e destinata a causare un certo grado di dolore o disagio, per quanto leggero“. Si tratta per lo più di picchiare i bambini con la mano o con un attrezzo (frusta, bastone, cintura, scarpa, cucchiaio di legno, o simili) e include anche calci, scuotimento, graffi, pizzicotti, morsi, tirare i capelli o le orecchie, ecc.

Secondo l’art.19 della Convenzione internazionale sui diritti dei fanciulli, tutte le punizioni corporali violano il diritto dei bambini al rispetto della loro dignità umana e della loro integrità fisica, nonché il diritto alla salute, allo sviluppo, all’istruzione e alla libertà dalla tortura e da altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti.

 

 

Ci sono Stati che hanno raggiunto un divieto giuridico?

Ad oggi (aprile 2020), sono 59 gli Stati che hanno emanato una legge che sancisce il divieto di qualsiasi punizione corporale in tutti gli ambienti, compresa la famiglia. Altri 29 Stati hanno preso l’impegno di riformare le loro leggi e di introdurre il divieto assoluto delle punizioni corporali (vedi mappa End Corporal Punishment e http://endcorporalpunishment.org/countdown/).

 

La situazione in Svizzera

Nel febbraio del 2015, il Comitato delle Nazioni Unite per i diritti del fanciullo ha constatato nuovamente che la Svizzera adempie solo parzialmente al suo obbligo di protezione conformemente alla Convenzione sui Diritti del Fanciullo, sebbene la Costituzione Federale Svizzera per prima affermi che “i fanciulli e gli adolescenti hanno diritto a particolare protezione della loro incolumità e del loro sviluppo” (art. 11).

Negli ultimi anni c’è stato sicuramente un aumento della consapevolezza in Svizzera per la problematica della violenza, ma ancora il 20% dei genitori non considera lo schiaffo come una violenza; il 30% non considera la sculacciata come violenza; il 12% non considera le botte come violenza.

Mentre uno schiaffo fra adulti può essere perseguito penalmente, questo non vale per i bambini! Sullo sfondo della particolare vulnerabilità dei più piccoli e della particolare protezione garantita loro, questa disparità di trattamento a livello giuridico è inaccettabile.

 

È storia molto recente (marzo 2020) quando ancora una volta il Consiglio federale si è rifiutato di dichiarare l’inammissibilità della violenza verso i bambini e di ancorarla nella legge (cfr. news “Il Consiglio federale si rifiuta di sancire il diritto all’educazione non violenta: presa di posizione ASPI“), eppure gli Stati che hanno ratificato la Convenzione sui diritti del fanciullo e altri strumenti internazionali e regionali sui diritti umani hanno l’obbligo legale di proibire ed eliminare tutte le punizioni corporali indirizzate ai bambini in tutti gli ambienti, compresa la casa.

 

Diritto di correzione nell’educazione?

Sebbene l’esplicita conferma del diritto dei genitori di punire i bambini sia stata rimossa dal codice civile, la giurisprudenza conferma un “diritto di correzione”.

L’accettazione quasi universale di un grado di violenza nell’educazione dei figli richiede chiarezza sul fatto che nessun tipo o grado di punizione corporale è accettabile o lecito, per quanto leggero e per quanto raramente si verifichi.

 

Quali passi intraprendere per abolire le punizioni corporali in Svizzera?

L’abolizione delle punizioni corporali richiede un’azione incisiva in almeno tre settori:

  • giuridico;
  • politico (in particolare, provvedimenti preventivi e di tutela);
  • di sensibilizzazione e di formazione (leggi l’approfondimento ASPI “Educare senza violenza è una scelta“).

 

Per quel che riguarda la riforma giuridica, occorre che la legge vieti esplicitamente le punizioni corporali e che protegga i bambini da ogni tipo di violenza, compresa la violenza domestica assistita.

I contrari a un divieto legale della violenza sui bambini sostengono che in questo modo lo Stato si intrometterebbe eccessivamente nel lavoro educativo, ma indagini condotte in Paesi in cui le punizioni corporali nell’educazione sono state espressamente vietate, mostrano che una regolamentazione giuridica chiara influenza durevolmente l’atteggiamento della popolazione nei confronti delle punizioni corporali. In Germania, ad esempio, il divieto iscritto nel Codice Civile ha determinato un cambiamento di atteggiamento percettibile e di conseguenza una netta flessione della violenza nell’educazione.

 

In conclusione

Da solo, un divieto non porta ancora a una relazione positiva, non violenta e partecipativa con i bambini. Per raggiungere questo scopo, coloro che hanno a che fare con bambini nella vita di tutti i giorni sono chiamati a riflettere attivamente sui loro principi educativi e sui loro valori, nonché sulle loro aspettative nei confronti dei bambini. La quotidianità con i bambini rappresenta infatti una sfida continua: talvolta il comportamento dei più piccoli può portare i genitori a confrontarsi con i propri limiti. In questi momenti è fondamentale che questi ultimi dispongano di alternative non violente alle punizioni corporali (leggi l’approfondimento ASPI “Educare senza violenza è una scelta“).

Le famiglie rappresentano la migliore risorsa per la protezione contro la violenza.

 

Certo è che la società tutta, inclusi i governi, i media, i politici e le agenzie educative, giocano un ruolo fondamentale nella diffusione e promozione del buon trattamento e dell’educazione non violenta: il loro sostegno può fare la differenza per milioni di bambini, innescando un circolo virtuoso basato sul principio della benevolenza e del rispetto.

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Per contribuire alla causa, firma la petizione online: www.keine-gewalt-gegen-kinder.ch/it.