Testo e approfondimento a cura di Alberto Pellai.

 

È ormai una prassi consolidata per i neo-padri presenziare all’evento nascita e stare accanto alla compagna che partorisce. Questo segna un cambiamento epocale rispetto alle generazioni passate; ma aver promosso la presenza dell’uomo in sala parto, non significa averlo aiutato a prendersi carico delle sue proprie emozioni.

Capita molto spesso che alcuni uomini dal giorno successivo alla nascita, riprendano immediatamente la propria attività lavorativa e lascino in situazione di solitudine la compagna che, tornata a casa, sperimenta non poche sfide di fronte ai compiti di accudimento e cura del neonato.

 

Ma allora cosa significa per un padre coinvolgersi attivamente nella cura e presa in carico del proprio bambino?

Lamb[2]ha provato a rendere operativo, questo “generico” concetto di presenza paterna e lo ha declinato in tre ben definite funzioni,  connotanti la specificità del ruolo paterno:

  1. l’accessibilità, ovvero la presenza del padre e la sua disponibilità verso il figlio;
  2. il coinvolgimento, ovvero il contatto diretto e misurabile attraverso le funzioni di gioco, lettura, coccole, uscite e qualsiasi azioni associata al prendersi cura;
  3. la responsabilità, ovvero la partecipazione in decisioni relative alla cura del bambino, accompagnamento alle visite mediche e ai bilanci di salute, oltre che espletamento di funzioni quali il cambio del pannolino, la scelta dei vestiti e i riti dell’addormentamento.

Secondo questo autore, migliore è il livello di accessibilità, coinvolgimento e responsabilità che un padre investe nella relazione con il figlio e migliori saranno gli “outcomes” di sviluppo e  crescita non solo nell’ambito dell’età evolutiva, ma anche a lungo termine rispetto alla propria vita adulta.

Così come negli ultimi decenni la ricerca ha sostenuto l’importanza della promozione di una intensa e appagante relazione precoce madre-bambino, attualmente grandi sforzi vengono fatti in questa direzione anche per potenziare la relazione precoce padre-bambino. Si pensa che un padre presente e coinvolto in tutto il percorso-nascita del proprio figlio costituisca una risorsa per la sua crescita sin dai primi giorni di vita e, al tempo stesso, rappresenti un valido supporto a sostegno delle competenze relazionali ed educative della neomamma.

 

Cosa dice la ricerca?

Un’importante meta-analisi[3] è stata realizzata per scoprire cosa la ricerca ha definito rispetto alla funzione protettiva dei padri. Essa ha incluso 24 studi, provenienti da 16 diversi studi longitudinali coinvolgenti circa 22’300 individui e ha permesso di scoprire che il coinvolgimento paterno ha importanti ricadute sul modello di sviluppo di un figlio in quanto diminuisce i problemi comportamentali in adolescenza, migliora il funzionamento sociale/relazionale sia durante l’infanzia che l’adolescenza e garantisce un migliore successo scolastico. Inoltre, i maschi che beneficiano dalla presenza di un padre che co-abita con loro, manifestano un comportamento meno aggressivo. Ancora, un padre coinvolto riduce in modo significativo la prevalenza di problemi comportamentali nei primi anni di frequenza scolastica di un figlio  rispetto a ciò che succede a coloro che hanno padri meno coinvolti e consente di predire minor incidenza di comportamenti antisociali durante l’adolescenza sia per i maschi che per le femmine. La National Survey of Children effettuata negli USA dimostrerebbe che il coinvolgimento paterno nelle famiglie senza problemi economici correla con un migliore successo scolastico dei figli[4].

 

Se il ruolo del padre può sostenere così tante e diverse funzioni, non è scontato però che ciò possa avvenire. Purtroppo, fino a oggi, garantire la presenza del padre sin dai primi istanti di vita di un figlio è stato da molti interpretato in funzione della facilitazione della presenza del padre in sala parto e vicino alla madre durante la degenza nel reparto di ostetricia. In questo ambito la modalità del rooming inn, favorendo la vicinanza tra madre e bambino, ha dato anche al padre maggiore possibilità di condividere in modo intenso l’ingresso nella vita del proprio figlio.  Ma il ruolo protettivo del padre deve andare bel al di là del coinvolgimento intenso nelle prime giornate di vita del proprio figlio, così da consentirgli di funzionare da base sicura per la madre che a sua volta si troverebbe nelle migliori condizioni – intrapsichiche, emotive e concrete – per divenire essa stessa base sicura per il proprio bambino.

A volte, il padre non riesce a giocare questo ruolo, poiché vive in modo problematico e minaccioso la vicinanza emotiva tra madre e neonato, che per lui, può diventare – a tratti –  perfino dolorosa. Nel colloquio con molti neo-padri ci si rende conto che spesso presentano un vissuto di esclusione da ciò che di intimo e segreto si è sviluppato tra madre e bambino. Al contrario, invece, può capitare di sentire donne che raccontano di trovarsi al proprio fianco padri troppo coinvolti, incapaci di capire che la giusta vicinanza emotiva alla madre, deve corrispondere anche a quella “distanza” che le permetta di vivere con serenità lo spazio relazionale con il proprio bimbo, sentendosi protagonista assoluta di quel periodo speciale che alcuni autori connotano proprio con il termine di “luna di miele” tra  mamma e figlio.

Insomma, essere un buon padre significa evitare di diventare un “mammo” assillante e intrusivo, ma allo stesso tempo, imparare ad accompagnare la vulnerabilità emotiva della neo-mamma, modellando un triangolo relazionale che offrirà al figlio un modello di co-genitorialità efficace e conquistato sul campo con fatica e pazienza, ma anche con soddisfazione e gratificazione da parte di entrambi i genitori.

Per questo motivo, può rivelarsi estremamente importante aiutare gli uomini a comprendere le dinamiche, i processi e le variabili che, nel primo anno di vita, portano un neonato a rimanere “attaccato” alla sua mamma e a “venirne accudito” da essa in modo prezioso ed esclusivo, così da renderli pronti a comprendere meglio quale potrebbe essere il proprio ruolo al suo fianco.

 

Non è scontato che un uomo riesca a trasformare la relazione con la propria donna aprendone la dinamica per includervi una figura così importante come quella di un figlio. Maturità, equilibrio, capacità di trasformazione e arricchimento delle proprie dinamiche interiori e dei propri stati d’animo sono il punto di partenza imprescindibile perché si possa costruire una solida relazione familiare.

M. Ammaniti[1]:

 

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[1] M. Ammaniti Pensare per due. Nella mente delle madri. Edizioni Laterza: p.24, 2008

[2] Lamb M, Pleck J, Charnov E, et al. A biosocial perspective on paternal behavior and involvement. In: Lancaster J, Altman J, Rossi A, et al., Editors. Parenting accross the lifespan: Biosocial perspectives. New York: Academic Press 1987: 11–42.

[3]Anna Sarkadi, Robert Kristiansson, Frank Oberklaid, Sven Bremberg Fathers’ involvement and children’s developmental outcomes: a systematic review of longitudinal studies Pædiatrica/Acta Pædiatrica 2008 97, pp. 153–158

[4]Harris K, Furstenberg F, Marmer J. Paternal involvement with adolescents in intact families: The influence of fathers over the life course. Demography 1998; 35: 201–16.