Legge sull’educazione non violenta: tra preoccupazioni e nuovi modelli educativi.
20 novembre – Giornata internazionale per i Diritti del fanciullo
Per celebrare la giornata della Convenzione ONU per i Diritti del fanciullo, quest’anno ASPI ha deciso di lanciare il primo di una serie di approfondimenti dedicati al tema della legge a favore dell’educazione non violenta che vieterà le punizioni corporali sui minori.
Il diritto fondamentale dei bambini alla protezione è sancito in maniera chiara dalla Convenzione e la stessa – firmata dalla Svizzera nel 1997 – richiede la proibizione per legge e l’eliminazione nella pratica di tutte le punizioni corporali in tutti gli ambienti.
Contesto della legge
L'educazione non violenta diventerà presto legge: cosa vuol dire?
La modifica riguarderà l’articolo 302 del Codice civile, nel quale verranno integrati tre principi fondamentali: la violenza non va mai bene; nessun tipo di violenza può essere associata ad un metodo educativo; nessun tipo di violenza è ammessa, neppure nel contesto famigliare.
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Cosa si intende per punizione corporale?
Si intende per lo più picchiare i bambini con la mano o con un attrezzo (frusta, bastone, cintura, scarpa, cucchiaio di legno o simili) e include anche calci, scuotimento, graffi, pizzicotti, morsi, tirare i capelli o le orecchie, ecc.
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La Svizzera finora è stata un passo indietro rispetto alla Convenzione ONU per i Diritti del fanciullo: è da ritenersi fuori legge per il diritto internazionale?
La Convenzione non lascia nessuna interpretazione: gli Stati firmatari devono proibire per legge qualsiasi punizione corporale in tutti gli ambienti, compreso il contesto famigliare. Il bambino ha diritto alla libertà da ogni forma di violenza.
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In Svizzera preoccupa anche la violenza psicologica sui bambini?
La violenza psicologica si manifesta con il ricorso a gravi insulti, minacce o privazione di affetto. Un recente studio mostra una situazione che desta preoccupazione: il 30% dei genitori aggredisce a parole i propri figli; il 25% li minaccia di botte e il 20% dei bambini subisce regolarmente questo tipo di violenza.
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Domande & obiezioni frequenti
La maggior parte delle persone è contro un divieto di legge. Non sarebbe meglio educare i genitori invece di imporre un obbligo?
Le misure di accompagnamento ai genitori sono fondamentali e forse la parte più interessante del provvedimento. L’introduzione di questa legge, tuttavia, è necessaria, in quanto fisserà i limiti e fungerà da guida, per garantire ai bambini la piena protezione della loro dignità umana.
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L'educazione in famiglia è una questione privata: lo Stato non dovrebbe intervenire.
In realtà, le possibili conseguenze della violenza in ambito educativo hanno ripercussioni sulla società intera, sia a livello economico che di sicurezza e benessere. Inoltre, sebbene sia fondamentale riconoscere l’importanza della famiglia nell’educazione, è altrettanto cruciale garantire che i minori crescano in un ambiente sicuro e privo di violenza.
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Spesso anche i più giovani sono convinti che le punizioni che ricevono siano necessarie per crescere bene.
Crescendo in un ambiente in cui i problemi e i conflitti vengono affrontati con la violenza, anche i bambini integrano queste modalità e col tempo le ritengono giuste e normali. Inoltre, spesso per i bambini è meno doloroso assumersi la responsabilità e la colpa per la botte ricevute, che riconoscere che i loro genitori li hanno maltrattati.
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In molti affermano che la punizione funziona: interrompe il comportamento ritenuto sbagliato.
La punizione può funzionare nel breve termine, perché provoca al bambino un dolore e incute timore. Lo spirito di sopravvivenza che ci caratterizza, fa sì che il bambino cerchi di evitare la paura e la sofferenza. La realtà è quindi che non rappresenta un vero apprendimento. Inoltre le punizioni hanno effetti negativi sullo sviluppo psicologico ed emotivo del bambino.
Contesto
L’educazione non violenta diventerà presto legge: cosa vuol dire esattamente?
Il 13 settembre 2024 il Consiglio federale ha presentato il progetto per la concretizzazione della proposta «Sancire nel Codice civile l’educazione non violenta», che vieterà qualsiasi forma di violenza nell’educazione. Il Consiglio nazionale voterà in merito probabilmente la prossima primavera; poi toccherà al Consiglio degli Stati.
Allo stato attuale delle cose, infatti, per la legislazione svizzera non c’è un divieto delle punizioni corporali se queste non provocano danni evidenti: un fatto che non considera le conseguenze a medio e lungo termine. Si tratta quindi di un passo importantissimo per la protezione dei minori in Svizzera.
La modifica riguarderà l’articolo 302 del Codice civile, nel quale verranno integrati tre principi fondamentali: la violenza non va mai bene; nessun tipo di violenza può essere associata ad un metodo educativo; nessun tipo di violenza è ammessa, neppure nel contesto famigliare.
La modifica della legge indica esplicitamente che i genitori debbano educare i figli senza ricorrere ad alcun tipo di violenza: nessun comportamento umiliante, comprese le punizioni corporali, sarà ammesso. È anche vero che il Consiglio federale ha proposto di potenziare la prevenzione, ampliando le offerte di consulenza e aiuto per genitori e figli, nonché di sostenere l’entrata in vigore della modifica di legge, con misure di informazione e sensibilizzazione, sottolineando così l’importanza di accompagnare i genitori e la società verso nuovi modelli educativi.
Contesto
La Svizzera finora è stata un passo indietro rispetto alla Convenzione ONU per i diritti del fanciullo: è da ritenersi “fuori legge” per il diritto internazionale?
La Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza è la più completa dichiarazione dei diritti dei bambini mai prodotta, approvata dalla Svizzera nel 1997.
Si compone di 54 articoli che coprono tutti gli aspetti della vita di un bambino e stabiliscono i diritti civili, politici, economici, sociali e culturali che spettano loro. La Convenzione non lascia nessuna interpretazione: gli Stati firmatari devono proibire per legge qualsiasi punizione corporale in tutti gli ambienti, compreso il contesto famigliare, e il bambino ha diritto alla libertà da ogni forma di violenza. La Svizzera, non a caso, è stata ammonita più volte nelle raccomandazioni che il Comitato del Diritto del bambino le ha reso, in cui sistematicamente raccomanda la proibizione delle punizioni corporali e l’elaborazione di una legislazione nazionale in tal senso.
Contesto
Cosa si intende per punizione corporale?
Il Comitato ONU per i diritti del fanciullo definisce le punizioni corporali o fisiche come “qualsiasi punizione in cui la forza fisica è usata e destinata a causare un certo grado di dolore o disagio, per quanto leggero“. Si intende per lo più picchiare i bambini con la mano o con un attrezzo (frusta, bastone, cintura, scarpa, cucchiaio di legno o simili) e include anche calci, scuotimento, graffi, pizzicotti, morsi, tirare i capelli o le orecchie, ecc.
Come cita l’art.19 della Convenzione, tutte le punizioni corporali violano il “diritto dei bambini al rispetto della loro dignità umana e della loro integrità fisica, nonché il diritto alla salute, allo sviluppo, all’istruzione e alla libertà dalla tortura e da altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti”.
Contesto
Dati alla mano: in Svizzera preoccupa anche la violenza psicologica sui bambini?
Come mostrato dallo studio condotto dall’Università di Friburgo nel 2022, in Svizzera quasi il 40% dei genitori afferma di aver punito fisicamente il proprio figlio almeno una volta.
Ma di rilevanza sono anche i dati sulla violenza psicologica, ovvero il ricorso a gravi insulti, minacce o privazione di affetto: nel suo studio più recente datato luglio 2024, sempre l’Università di Friburgo mostra come il 30% dei genitori aggredisca a parole i propri figli; il 25% li minacci di botte e il 20% dei bambini subisca regolarmente violenza psicologica.
È molto importante quindi che il Consiglio federale abbia proposto, nella modifica di legge, di riconoscere che nell’educazione, oltre alla violenza fisica, non debba esserci spazio nemmeno per la violenza psicologica.
FAQ
La maggior parte delle persone è contro un divieto di legge. Non sarebbe meglio “educare i genitori” invece di imporre un obbligo?
Nonostante le conoscenze che abbiamo sulle conseguenze dell’uso della violenza e delle punizioni corporali sui bambini, queste forme di violenza sono ancora troppo diffuse nell’educazione. Tante persone sono ancora convinte che per crescere un bambino si debba punirlo o umiliarlo e che facendo così, si raggiunga una migliore educazione. È vero invece esattamente il contrario, come dimostrato dagli studi dell’Università di Friburgo. L’educazione violenta ha ripercussioni su tutta la vita di una persona.
L’introduzione di questa legge servirà quindi come guida, per garantire ai bambini la piena protezione della loro dignità umana. Quasi tutti i Paesi che hanno proibito le punizioni corporali (oggi sono 67) lo hanno fatto prima che il concetto fosse accettato da una larga fetta della popolazione, che poi si è velocemente schierata a favore del cambiamento.
Tuttavia, va detto che le misure di accompagnamento sono fondamentali e forse la parte più interessante di questo provvedimento. È importante non lasciare i genitori senza strumenti nel loro lavoro educativo! Se i genitori non possono più picchiare, come possono agire quando il comportamento del bambino secondo loro non va bene? Il rischio è che ricorrano alla violenza psicologica, con minacce e ricatti. Invece esistono alternative molto efficaci ed è necessario che i genitori possano conoscere, prendere confidenza e integrare questi strumenti. Non si tratta di giudicare o condannare i genitori, bensì aiutarli a svolgere il loro ruolo in maniera rispettosa ed efficace. L’educazione rispettosa e non violenta ha inoltre il grande beneficio di migliorare le relazioni tra i genitori e i figli, anche a lungo termine.
FAQ
Spesso anche i più giovani sono convinti che le punizioni che ricevono siano necessarie per crescere bene.
Spesso per i bambini è meno doloroso assumersi la responsabilità e la colpa per la botte ricevute, che riconoscere che i loro genitori li hanno maltrattati. Molte persone, crescendo, tendono poi a giustificare o rielaborare in positivo esperienze anche dolorose, come le punizioni ricevute da piccoli. Questo processo psicologico di “razionalizzazione” aiuta a dare un senso all’esperienza e a integrarla in modo costruttivo. Le punizioni vengono così interpretate come eventi formativi che li hanno “forgiati” e aiutati a sviluppare autocontrollo e rispetto delle regole.
Inoltre, crescendo in un ambiente in cui i problemi e i conflitti vengono affrontati con la violenza, anche i bambini integrano queste modalità e col tempo le ritengono giuste e normali. Soprattutto se non hanno molte possibilità di vedere altri modi di gestire i conflitti.
FAQ
In molti affermano che la punizione funziona: interrompe il comportamento ritenuto sbagliato.
Un bambino fa qualcosa che al genitore non piace, creandogli fastidio o addirittura un danno (per esempio rompe un oggetto a cui teneva molto). Il genitore si arrabbia e punisce il bambino per sfogare la sua rabbia, oppure affinché il bambino non ripeta più quel comportamento. A dipendenza del “carattere” e dell’età del bambino, questa punizione può funzionare nel breve termine. Infatti, la punizione provoca al bambino un dolore (fisico e/o emotivo/psicologico), quindi una sofferenza. Lo spirito di sopravvivenza che ci caratterizza, fa sì che il bambino cerchi di evitare il dolore o la sofferenza, quindi – associando quel determinato comportamento alla punizione che ha ricevuto e quindi al dolore o alla sofferenza – è possibile che eviti in futuro quel comportamento per evitare il dolore. La punizione può anche portare il bambino a obbedire per paura di subire conseguenze simili in futuro. Questo può essere percepito come “efficacia”, ma non rappresenta un vero apprendimento e il bambino evita di ripetere il comportamento unicamente per timore. La punizione inoltre crea un’immediata reazione di sottomissione perché il bambino, per natura, cerca di mantenere un legame positivo con gli adulti che lo accudiscono. L’adattamento rapido serve a ristabilire l’armonia e a evitare ulteriori conflitti con la figura di riferimento (per es. con i genitori).
Il bambino avrà dunque imparato come fare per non soffrire, ma non avrà imparato a fare quella cosa in modo diverso, ad ascoltarsi o a prestare attenzione ai sentimenti degli altri, a esprimere le sue emozioni e i suoi bisogni, a interagire con rispetto con le persone, a riflettere sulle conseguenze dei suoi comportamenti, a trovare soluzioni più adeguate al contesto, ecc. Per contro, avrà imparato inoltre che quando qualcosa non gli sta bene, può usare la violenza, qualsiasi forma di violenza.
Da non dimenticare, inoltre, che gli studi dimostrano come a lungo termine le punizioni (soprattutto corporali o emotive intense) hanno effetti negativi sullo sviluppo psicologico ed emotivo. Tra gli effetti indesiderati si riscontrano ansia, aggressività, bassa autostima e difficoltà a sviluppare strategie di autoregolazione (la capacità del bambino di modificare da solo certi comportamenti). L’ubbidienza che deriva dalla paura delle punizioni, oltre a rendere il bambino insicuro, gli impedisce persino di imparare a ricercare soluzioni che siano rispettose di sé, della altre persone e del contesto in cui è inserito. Il rinforzo positivo e l’insegnamento delle conseguenze naturali a determinati comportamenti, al contrario, tendono a promuovere una crescita più equilibrata e un apprendimento più efficace e duraturo.
FAQ
L’educazione in famiglia è una questione privata: lo Stato non dovrebbe intervenire.
L’educazione di un bambino, in realtà, è da sempre una questione condivisa. In Africa esiste un proverbio che definisce molto bene questa realtà: per educare un bambino ci vuole un villaggio. Questo significa che l’educazione di un bambino riguarda tutta la comunità. E, al più tardi, quando un bambino inizia ad andare a scuola, la sua educazione è delegata anche ad altre persone. Inoltre, le possibili conseguenze della violenza in ambito educativo hanno ripercussioni sulla società intera, sia a livello economico che di sicurezza e benessere.
È importante anche sottolineare che la legge non vuole colpevolizzare i genitori. L’obiettivo principale è quello di proteggere i bambini e permettere loro di crescere in un ambiente non violento, oltre che applicare la Convenzione ONU sui diritti dei bambini, ratificata dalla Svizzera sin dal 1997. La legge prevede anche un sostegno alla genitorialità e vuole pertanto collaborare con i genitori.
Comprendere le ragioni per cui un genitore possa perdere la pazienza, o che possa essere arrivato a un punto da non sapere più come gestire la situazione, non significa legittimare le punizioni corporali, bensì sostenere quel genitore con empatia, aiutandolo a trovare alternative alle botte, alle punizioni o alla violenza psicologica.
Questo equilibrio, dunque, tra il rispetto dell’autonomia familiare e la protezione dei diritti dei bambini è delicato. Mentre è fondamentale riconoscere l’importanza della famiglia nell’educazione, è altrettanto cruciale garantire che i minori crescano in un ambiente sicuro e privo di violenza. Le leggi che vietano le punizioni corporali hanno come obiettivo promuovere metodi educativi positivi e non violenti, incoraggiando i genitori a utilizzare strategie di disciplina che rispettino la dignità e i diritti dei bambini.