Intervista a cura di Mara Menghetti.

L’odio online è una problematica contemporanea in grande e rapida espansione e per misurarlo e combatterlo, nel 2022, a Lugano, nasce l’osservatorio agor@. Per inquadrare il fenomeno e la necessità di agire, ne abbiamo parlato con Gabriela Giuria Tasville, fondatrice e promotrice di questa piattaforma.

L’osservatorio agor@. Insieme contro l’odio online. Nuovissimo progetto attivo dal 2022, da quale esigenze nasce e perché si concentra soprattutto sull’odio espresso online?

Per rispondere partirei dalla scelta del nome dell’osservatorio. Con agorà si sottolinea l’analogia con la grande piazza greca dove la popolazione si incontrava per partecipare alla discussione pubblica. Questa piazza oggi è ormai diventata virtuale e anche di dimensione molto più grande; non per questo le discussioni e i commenti sono virtuali, anzi sono più reali che mai e la comunicazione web fa parte delle nostre abitudini e del nostro modo di comunicare quotidianamente.

I Social Network soprattutto danno l’opportunità ad ognuno di noi di esprimerci ed essere ascoltati. Ed è in questo contesto che anche i predicatori d’odio, i leoni da tastiera, trovano il loro posto. Alcuni di loro ne fanno anche un business in termini economici, di consensi e popolarità. Spesso le categorie attaccate sono quelle socialmente vulnerabili, che non hanno voce e che non hanno modo, o poco, di difendersi e influire sull’opinione pubblica. E per quanto riguarda il linguaggio denigratorio è per noi importante capire gli elementi scatenanti.

Quali sono la missione e gli obiettivi di agor@? Come funziona: chi vi si può rivolgere e in quali modalità?

 I fattori in gioco sembrano molteplici e, dati alla mano, è più facile agire per contrastare l’utilizzo di un linguaggio violento e promuovere la comunicazione rispettosa anche online. Con il nostro osservatorio vogliamo rispondere in primo luogo alla necessità di raccogliere dei dati per misurare l’entità del fenomeno e anche capire se e come viene compreso nelle sue reali dimensioni. Certe persone, infatti, soprattutto i più giovani, non sanno che certi argomenti e alcune modalità online sono illegali tanto quanto nella vita offline e che si può quindi essere denunciati e puniti dalla legge.

Sul nostro sito è quindi possibile segnalare tutti i commenti d’odio incontrati online, distinguendoli in diverse categorie: xenofobia, violenza di genere, disabilismo, cyberbullismo e minacce, media e altre tipologie di odio online. Raccomandiamo di raccontare i dettagli dell’accaduto, ancora meglio se si riesce caricare uno screenshot al fine di riuscire a rimuovere i contenuti offensivi dal web. Queste segnalazioni possono esser fatte sia dalle vittime dirette che da chi si ritrova a leggere commenti di odio, in forma anonima oppure lasciando i propri dati.

L’odio online può generare tanta sofferenza, eppure di commenti offensivi se ne leggono tutti i giorni e a volte sembra che online si possa dire tutto nella maniera in cui si vuole…

 È molto complesso. Spesso una persona che subisce dell’odio, ha la tendenza di credere di aver fatto qualcosa per meritare l’insulto. Quindi, da una parte, sia online che offline, potrebbe esserci un senso di colpa schiacciante che non permette di denunciare. Dall’altra parte però, noi crediamo che oggi ci sentiamo talmente assuefatti, abituati ad un linguaggio così diffuso e allo stesso tempo violento, che non ci rendiamo neanche più conto di essere vittima di ingiurie, discriminazioni, offese ecc.

Questo linguaggio aggressivo sembra giustificarsi da un’idea di libertà a 360°. E invece no, i diritti di ognuno, i diritti umani, devono convivere tra di essi, e questo significa che la libertà di espressione e di opinione non può prevaricare il rispetto, la dignità e quindi il valore intrinseco di una persona.

È necessario fare chiarezza: libertà di espressione e di opinione non è libertà di insulto. Questo è il messaggio che deve essere compreso e rispettato da tutti, sia nella vita online che offline. E per combattere la comunicazione violenta è necessario condividere e promuovere una comunicazione rispettosa: come mi comporto nella vita reale, mi comporto anche online.

Una maniera efficace per calmierare queste situazioni sono i dati, perché i fatti possono avere la meglio su determinate opinioni. Per questo è importante segnalare, denunciare… che uno sia vittima, che uno sia lettore di odio.

Dall’inizio della vostra attività in Ticino fino ad oggi che cosa avete potuto osservare o rilevare?

 Ad inizio attività abbiamo fatto un paio di mesi di promozione sui social network per iniziare a far conoscere l’osservatorio e gli obiettivi. Purtroppo, quello che ci ha sorpreso maggiormente è il fatto che la maggior parte dei commenti ricevuti durante la sponsorizzazione hanno manifestato paura e soprattutto rabbia nei nostri confronti, ovvero di un osservatorio che, anziché considerarlo come uno strumento di protezione, viene percepito come inquisitorio e quindi un attentato alla libertà di espressione.

Purtroppo, c’è ancora tanta resistenza rispetto alla denuncia perché si confonde con la libertà di ognuno ad esprimere le proprie opinioni. L’online è terra fertile per qualsiasi tipo di atteggiamento e spesso tende anche a diventare la terra di nessuno, dove tutto è possibile. Questa reazione non ha fatto altro che confermare la necessità di agire, di sensibilizzare, di continuare a lavorare.

Di strada da fare sembra dunque essercene tanta… qual è il vostro invito per i lettori e la popolazione in generale?

La comunicazione – e in particolare il linguaggio – è materia viva e per questo in continua evoluzione, basti pensare che non da molto nel dizionario italiano è stato inserito l’aggettivo petaloso. Quello che è importante è di non fare generalizzazione e non cadere nella trappola della banalizzazione e della “normalizzazione” di termini che possono essere offensivi.

Il nostro invito è quello di tornare ad utilizzare il dizionario, capire il significato delle parole che si usano e si rivolgono agli altri. L’empatia e la compassione dovrebbero essere il motore, evitando così di lasciarci trascinare come facciamo di solito da paure, sensi di colpa, vergogne, obblighi, o malcelate volontà di potenza.

È anche importante condividere queste scoperte insieme ai bambini e ai ragazzi e trasmettere delle modalità non violente per comunicare con gli altri; soprattutto è importante per tutti uscire dalla zona confort dell’omertà e segnalare, denunciare. L’immobilità e inerzia vanno a legittimare dei comportamenti che non sono corretti e accettabili.

Dobbiamo andare tutti insieme nella stessa direzione e agire per creare e diffondere una cultura non violenta e rispettosa per salvaguardare la pace sociale.




Nel 2016, la Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza del Consiglio d’Europa (ECRI) definisce nella Raccomandazione di politica generale n. 15 il termine hate speech, linguaggio di odio, come “l’istigazione, la promozione o l’incitamento alla denigrazione, all’odio o alla diffamazione nei confronti di una persona o di un gruppo di persone, o il fatto di sottoporre a soprusi, molestie, insulti, stereotipi negativi, stigmatizzazione o minacce a tale persona o gruppo, e comprende la giustificazione di queste varie forme di espressione, fondata su una serie di motivi, quali la “razza”, il colore, la lingua, la religione o le convinzioni, la nazionalità o l’origine nazionale o etnica, nonché l’ascendenza, l’età, la disabilità, il sesso, l’identità di genere, l’orientamento sessuale e ogni altra caratteristica o situazione personale.”[1]

[1] https://rm.coe.int/ecri-general-policy-recommendation-no-15-on-combating-hate-speech-ital/16808b5b04

Nome Osservatorio agor@
Missione
Combattere la cultura dell’odio e dell’intolleranza, creando degli strumenti per contrastare il dilagare dell’odio online.
Indirizzo c/o Fondazione Diritti Umani, Via P. Lucchini 1, 6900 Lugano
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Orari di apertura Consulenza da lunedì a venerdì, dalle 9.00 alle 17.00 / Segnalazioni online: in qualsiasi momento