“Marco è un bambino di 5 anni che trascorre ogni anno le vacanze al mare con i suoi genitori e il suo fratellino di 2 anni.  Ama giocare con la sabbia e con gli altri bambini.
Gli anni scorsi,
dopo aver fatto il bagno e aver nuotato nel mare con il suo papà, la mamma gli toglieva sempre il costume per farlo stare asciutto e, in questo modo, trascorreva molto tempo intento a costruire castelli di sabbia e piste per le sue macchinine, e a scavare buche che poi riempiva con l’acqua salata, libero e spensierato.
Quest’anno, invece, Marco non vuole stare senza il costume. Dopo che ha fatto il bagno, la mamma gli toglie come sempre il pantaloncino bagnato e non capisce come mai Marco faccia tante storie.
“Ma guarda, anche gli altri bambini sono senza costume, che problema c’è?” –
“Io non voglio” – replica Marco con decisione.
“Quante storie Marco! Anche tuo fratello è in giro nudo e non si fa problemi. Chi vuoi che ti guardi? E poi non si vede niente…”.
Ma Marco è deciso e continua a dire di no. Resta avvolto nell’asciugamano, seduto sulla sdraio e piuttosto di cedere alle richieste della sua mamma, rinuncia ai suoi amati giochi con la sabbia.

Anna, la mamma di Marco, davvero non riesce a capire come mai, da un giorno all’altro, Marco abbia iniziato a fare tutte queste storie per il costume. A lei è sempre piaciuto vedere i suoi figli giocare nudi e liberi in spiaggia.
Ha evitato di proposito di essere ansiosa come lo era la sua mamma, che la costringeva sin da piccola a coprirsi perché guai se qualcuno la vedeva nuda. Anna è cresciuta e da sempre sente di avere un rapporto strano con il suo corpo. Ecco perché ha deciso di lasciare liberi i suoi bimbi, senza imporre inutili tabù e sensi di vergogna o disagio. Li vorrebbe disinvolti, aperti e sicuri di sé. Anche per quanto concerne il loro corpo”.

 

Capita spesso di vedere i bambini piccoli giocare nudi in spiaggia o in riva a fiumi e laghi. Finché tutte le persone presenti, bambini e adulti, si sentono a loro agio, va tutto bene. Nella situazione descritta sopra, invece, il bambino manifesta in modo chiarissimo il suo disagio e il suo bisogno di coprire le sue parti private. È importante che l’adulto presente, in questo caso la mamma, riconosca sia lo stato emotivo, sia il bisogno del bambino. Potrebbe ad esempio dirgli: “Marco, vedo che non ti piace giocare nudo” oppure “Marco, vedo che non ti piace stare nudo, preferisci giocare indossando il costume.”

 

Buono a sapersi
L’insorgere del sentimento di pudore (erroneamente anche definito “senso di vergogna”) è normale nei bambini e di solito si manifesta verso i 5 o 6 anni. Il bambino inizia a prendere consapevolezza del proprio corpo e della propria nudità e istintivamente protegge le sue parti private. Chiede per esempio di non togliere il costume o si copre con il telo da bagno. Questo bisogno di privacy è talmente forte che il bambino può addirittura rinunciare a giocare per soddisfarlo. Così fa Marco.


Mettere delle parole sul disagio (vedo che non ti piace o vedo che ti dà fastidio) dimostra a Marco che la sua mamma lo ascolta e ha capito come si sente. Ora si tratta per la mamma di rinforzare le competenze del suo figlio: “Marco, fai bene a manifestare il tuo bisogno di coprirti e ad esprimere quello che non ti sta bene. Io non vorrei che ti raffreddassi indossando il costume bagnato e tu non vuoi stare nudo. Ora vediamo assieme come si può fare.

 

Al più tardi, al momento in cui un bambino o una bambina manifesta la volontà di coprire le proprie parti private, è importante ascoltare il suo bisogno e cercare assieme al bambino un modo di soddisfarlo.

 

Essere in ascolto dei propri figli è importante anche per capire se e fino a quando accettano per esempio la nudità dei propri genitori. A volte, il senso di pudore dei bambini, li porta a provare disagio di fronte al corpo nudo dei genitori o di altre persone.
Il rispetto è dunque anche questo. Accogliere i diversi bisogni, ascoltare, comprendere e parlarne.

 

I bambini possono essere infastiditi anche dalla nudità degli adulti. Il genitore può dunque riflettere sulle sue motivazioni e sul suo reale bisogno, e capire se soddisfare quel bisogno può interferire con i bisogni del figlio o della figlia.

 

Il genitore che prende sul serio le richieste del proprio figlio o della propria figlia, che l’ascolta e cerca di trovare soluzioni adeguate per entrambe le parti, sostiene l’autostima del bambino o della bambina. Soprattutto se le richieste riguardano appunto il corpo del piccolo o della piccola. Così il bambino non perderà la sua innata capacità di percepire le proprie emozioni e sensazioni. La sua capacità di dire di no, di mettere dei limiti e di trovare soluzioni.

 In questo modo il desiderio di Anna, la mamma della nostra storia, avrà delle ottime probabilità di avverarsi, ossia che i suoi figli possano diventare adulti liberi e sicuri di sé, senza inutili tabù o sensi di vergogna e disagio e con una sana consapevolezza del loro corpo. Inoltre, grazie alla loro esperienza personale nelle relazioni con la loro madre (si spera anche il loro padre e altre persone di riferimento) avranno imparato ad ascoltare le proprie emozioni e sensazioni e quelle delle altre persone. E avranno le competenze necessarie per costruire delle relazioni basate sul rispetto e trovare soluzioni adatte ai bisogni di tutti.