Viaggio nelle emozioni dei genitori tra preoccupazioni, obblighi e incertezze.

A pochi giorni dalla riapertura delle scuole dell’obbligo – prevista in Svizzera lunedì 11 maggio – non sono poche le preoccupazioni che affliggono i genitori e che vanno a sommarsi alle già tante emozioni e sensazioni vissute nei due mesi di confinamento che ci stiamo lasciando alle spalle.

 

Certo, è anche vero che per molti, essere restati a casa ad accudire i propri figli, scoprendo o riscoprendo modalità di interazione con loro, dedicando più tempo al gioco, alla creatività o semplicemente alla relazione mamma/papà – figlio/figli, ha rappresentato l’opportunità di rispolverare valori ed esigenze che, nella frenesia della società ante-coronavirus, potevano essere stati accantonati per mancanza di tempo.

 

Per altri invece, questi due mesi di isolamento sono stati una sfida impegnativa. Nella convivenza h24/7, si sono assembrate le esigenze di tutti: quelle dei bambini più piccoli che hanno domandato incessantemente di essere accuditi e ascoltati; quelle dei bambini più grandi e dei ragazzi impegnati nella novità per nulla facile della scuola a distanza, che ha richiesto l’appoggio e il supporto dei genitori; quelle degli adulti stessi che si sono visti stravolgere dall’oggi al domani la routine professionale. In molti hanno sperimentato il telelavoro, continuando la propria attività chiusi in una stanza o nel soggiorno di casa, “giocando” – si fa per dire – ad incastrare le tessere di un puzzle composto da riunioni online, pasti da preparare, attenzione costante ai figli, homeschooling e chissà quant’altro. In background sentimenti ed emozioni di cui più volte abbiamo parlato: l’incertezza per il futuro, la preoccupazione per la propria salute e quella dei propri cari, a volte – purtroppo – la gestione del lutto per un amico o per un parente.

 

In alcuni casi, lo stress, l’ansia, le preoccupazioni, la convivenza forzata, le limitazioni alla libertà, il dolore possono anche aver acuito e peggiorato situazioni già problematiche, sfociate in violenza e maltrattamenti sui bambini, i quali si sono visti mancare – da un giorno all’altro – la scuola come valvola di sfogo e mantello protettivo. (Leggi anche “ahi…mi fai male: isolamento sociale e violenza sui bambini tra le mura domestiche, cosa possiamo fare?“)

 

Il quadro che ne esce, quindi, è molto complesso e a volte avvilente. Le cose difficilmente sono nere o bianche: del resto la discussione è in atto anche ai piani più alti e la stessa comunità scientifica, nonché la politica, si mostra più che mai divisa su posizioni spesso contrastanti.

 

I genitori si ritrovano quindi in primis a chiedersi quanto sia corretta l’apertura delle scuole a poche settimane dalle vacanze e, in alcuni casi come per la scuola dell’infanzia, dovranno anche assumersi la responsabilità di decidere se mandare i loro figli in classe o meno. Come si può quindi vivere più serenamente questo inizio non da tutti condiviso? Come conciliare i bisogni e le richieste dei bambini con i pensieri, i timori e le necessità dei genitori, della società e della salute pubblica?

 

Sapere cosa sia giusto, non è possibile allo stato attuale delle cose. Quello che gli adulti possono fare però – senza incorrere nella paura di sbagliare – è lavorare su se stessi per sentirsi più forti dinnanzi ai molteplici interrogativi ancora aperti, alle cose che evolvono e cambiano repentinamente, rischiando di lasciare i più spiazzati, confusi e sfiduciati.

 

Come si può quindi rafforzare il ruolo del genitore, colui che ha per primo la responsabilità dello sviluppo e della salute dei figli, in un momento in cui si rischia di sentirsi come una bandiera al vento, in balia di opinioni discordanti ed eventi preoccupanti?

 

Considerazione 1: non siamo gli unici

La buona notizia è che non siamo soli. Ciò che stiamo vivendo, le domande senza risposta, la frustrazione che proviamo dal non sapere con certezza cosa sia meglio fare, è comune a molti, se non a tutti.

E se mio figlio contrae il coronavirus? E se lo prendiamo noi? Che succede se dovessimo venir ricoverati? Con chi staranno i nostri figli?

Devo tornare a lavorare: sono una cattiva madre/un cattivo padre, perché antepongo il lavoro alla salute di mio figlio? E in estate: che succederà se non posso fare affidamento sui nonni?

Se mando mio figlio alla scuola dell’infanzia, sono responsabile di una possibile seconda ondata di epidemia?

Posso permettere ai miei figli di vedere e magari riabbracciare i nonni come qualcuno suggerisce?

In tutti questi quesiti – o in alcuni di essi – possiamo sicuramente riconoscerci.

La Conferenza Cantonale dei genitori ha di recente effettuato un sondaggio al quale hanno partecipato 2600 famiglie ticinesi, rispondendo a domande sulla riapertura degli istituti, la gestione degli impegni famigliari e la collaborazione con la scuola nel periodo di chiusura. Ciò che emerge – sia che si sia favorevoli o meno alla riapertura delle scuole – è che due genitori su tre si dicono preoccupati. Il nodo da sciogliere è quello della salute dei figli (39%) e degli altri famigliari (52%), oltre che della difficoltà di conciliare lavoro e impegni famigliari (10%). Nonostante le preoccupazioni sulla salute, nella settimana del sondaggio (l’ultima di aprile) oltre la metà dei genitori era a favore della riapertura delle sedi scolastiche, e di questi il 36% sosteneva esplicitamente una ripresa dell’istruzione a scuola per i propri figli in caso di apertura l’11 maggio.

 

Considerazione 2: il bene superiore del bambino

In tutta questa situazione, il suggerimento migliore che ASPI può dare, è di cercare di pensare al bene superiore del bambino. Sì, ma qual è questo bene?

Di nuovo, non ci sono risposte univoche e passepartout: ogni genitore formulerà delle domande a cui trovare una risposta oggettiva e consapevole per se stesso. L’importante è che queste risposte tengano in considerazione le esigenze del bambino, in relazione al benessere di tutto il nucleo famigliare. Secondo Remo Largo – pediatra svizzero famoso in tutto il mondo per i suoi lavori sullo sviluppo del bambino – infatti, “I bambini si sviluppano al meglio se hanno genitori che si orientano ai bisogni dei propri figli”. A dipendenza dell’età, sarà possibile coinvolgere anche i bambini in queste considerazioni e riflessioni. E anche i bambini molto piccoli possono dare un contributo importante. Non esitate a chiedere il loro parere, a coinvolgerli nelle discussioni, a chiedere cosa vorrebbero. In questo modo ogni mamma, ogni papà – ogni famiglia – troverà delle risposte diverse, perché vive una realtà diversa e andrà bene così.

Riesco a distinguere tra quelli che sono sentimenti e bisogni miei, e quelli di mio figlio?

Le scelte che vorrei fare, rispondono unicamente ai miei bisogni o tengono in considerazione anche i bisogni dei miei figli?

Come vive mia figlia il fatto di dover ritornare a scuola?

Come sta vivendo questo periodo di quarantena? Come si sente senza il contatto con i suoi compagni di scuola e i suoi amici?

Come faccio a far convivere bisogni diversi e trovare delle soluzioni che accontentino tutti?

 

Considerazione 3: gestire i sensi di colpa

Non possiamo sapere cosa ci riserva il futuro. Non sappiamo se domani il nostro bambino si ammalerà di coronavirus o svilupperà un’altra malattia. Lo stesso vale per noi adulti. Non sappiamo nemmeno se si ripresenterà una nuova ondata pandemica. È probabile che qualsiasi decisione o posizione prendiate, vi ritroverete a gestire dei sensi di colpa.

Come mi fa sentire la decisione che ho preso?

Forse sento dentro di me voci contrastanti che mi giudicano o approvano per quello che faccio o penso? Cosa dicono?

Se mi sento in colpa, dove lo sento questo sentimento nel corpo?

Come mi sento all’idea di mandare a scuola o all’asilo mio figlio/mia figlia?

Di cosa avrei bisogno per sentirmi rassicurato/a? Cosa mi aiuterebbe a vivere meglio la mia scelta, la mia decisione?

Ascoltate i vostri sensi di colpa, ponendovi nuovamente delle domande per capire cosa effettivamente suscita in voi tali lotte interne e, in un secondo momento, cercate quelle risposte che possono rassicuravi. Per alcuni saranno risposte di tipo prettamente scientifico, per altri risposte più legate alla spiritualità e alla fede, per altri ancora legate alle necessità famigliari e/lavorative. Insomma: non lasciate in sospeso i vostri pensieri, senza provare a placarli, con la consapevolezza che è del tutto normale sentirsi in questo modo, in un momento di così forte incertezza.

 

Considerazione 4: dosare l’informazione e mantenere uno spirito critico

Tenersi informati è importante. Sovrainformarsi invece rischia di aumentare l’ansia, le paure e le incertezze. Innanzitutto, perché porta a confondere le idee e compromette la nostra capacità di giudizio: la tv e il web abbondano di opinioni e fake news. Se a ciò aggiungiamo che l’emergenza sanitaria è una tematica oggi trattata dal mondo intero con stili, tagli e visioni diversi propri di ciascuna cultura, possiamo facilmente renderci conto del rischio che corriamo nel sovraesporci a questa bulimia di notizie.

Un buon consiglio sarebbe quello di fare affidamento solo alle fonti governative del proprio paese, ma in generale ognuno deve comprendere quali sono i suoi credo e cosa lo faccia stare meglio: se vi accorgete per esempio che troppe informazioni vi mettono l’ansia, stabilite di consultare i media solo ad una determinata ora. L’importante è evitare di farsi prendere dall’angoscia in ogni momento della giornata, invece di porre la nostra attenzione sulle cose belle che ci circondano, che nutrono il nostro spirito e che non sono assolutamente vietate.

 

Considerazione 5: imparare a convivere con il virus

 Continuano a ripetercelo, parlandoci di mascherine, disinfettanti, lavaggio delle mani, distanza sociale, entrate scaglionate al supermercato, eventi annullati e quant’altro. Ma imparare a convivere con questo virus, significa anche imparare a convivere con l’incertezza dell’oggi e del domani e, nonostante questa, mettere in campo delle strategie che ci possano rendere forti ed equilibrati davanti alle avversità della vita: solo così potremo affrontarle nel migliore dei modi.

 

Finché non si tornerà alla normalità o ad una nuova normalità (con la speranza che possa essere più sostenibile sotto tanti punti di vista), siamo chiamati a cogliere questa sfida, che ci pone davanti alla fragilità e alla vulnerabilità dell’essere umano, come da decenni non succedeva: da qui ad allora, dobbiamo cercare di condurre appieno le nostre esistenze, seppure nelle limitazioni del momento e rispettando le regole di distanza sociale e igiene, facendo del nostro meglio per noi stessi, per la nostra famiglia e anche per il sé collettivo.