Isolamento sociale e violenza sui bambini tra le mura domestiche, cosa possiamo fare?

 

Ahi! Quanti bambini in questo momento di isolamento lo stanno urlando?
Magari la loro voce neppure esce, perché strozzata dal terrore che provano nei confronti di chi sta loro davanti.  Purtroppo, i bambini in tempi di crisi sono più a rischio di maltrattamento.
Lo dimostrano studi realizzati in momenti di difficoltà antecedenti al Coronavirus e lo dimostrano vari indicatori attuali in più paesi del Mondo.

 

Responsabilità collettiva nel contesto della violenza sui bambini tra le mura domestiche

 

Ci sono purtroppo situazioni molto delicate, in cui la violenza sui bambini nel contesto delle mura domestiche è dichiarata o latente, ma comunque presente. Purtroppo, il confinamento forzato delle famiglie a causa dell’emergenza coronavirus rischia di amplificare il clima di tensione e di conseguenza l’uso della violenza.

I bambini, che normalmente frequentano la scuola, sono adesso 24 ore al giorno ostaggi di adulti in gravi difficoltà senza avere più la possibilità di trascorrere alcune ore fuori di casa, tra i banchi di scuola, viene a mancare loro la protezione. La loro sofferenza non può nemmeno più essere osservata dagli insegnanti. Gli unici che possono notare qualcosa, in questo contesto, sono quindi i vicini di casa che sentono le urla, i pianti, gli oggetti che volano: una situazione scomoda e angosciante, che ci pone davanti a diverse domande: “ho sentito bene? Non ho esagerato? E ora cosa faccio? Devo intervenire? O mi faccio i fatti miei?”.

 

La risposta è una sola: sì, è bene intervenire, chiamando subito la polizia al numero 117.

 

Sembra estremo, è vero. Ma dobbiamo ricordarci che un bambino maltrattato non ha alcuna possibilità di difendersi da solo. E le probabilità di risolvere la situazione, decidendo di intervenire in prima persona sono molto basse: rischiereste di sentirvi dire di “farvi i cavoli vostri”, con il risultato che, la volta seguente, chi maltratta, lo farà in modo da essere meno rumoroso.

 

La polizia, dunque, è l’unico ente che può pretendere di entrare e vedere cosa stia succedendo, per poi attivare i servizi opportuni per gestire la situazione a protezione dei bambini.

Certamente, è una circostanza che si vorrebbe evitare. Ma dobbiamo ricordarci che in Svizzera, ogni anno, da 30’000 a 50’000 bambini sono segnalati ad un ente di protezione dell’infanzia per maltrattamenti e abusi. Considerando che nessuno segnala alla leggera, questi dati rappresentano solo la punta dell’iceberg.

 

Voi potete fare la differenza: restate chiusi in casa come dicono le autorità, ma non chiudete le orecchie davanti al sospetto di un bambino maltrattato nell’appartamento adiacente o nella casa vicina.

 

Lo stress e l’isolamento possono favorire l’insorgere di comportamenti poco rispettosi nei confronti dei bambini.

 

Siamo tutti a casa, confinati in uno spazio più o meno grande, per i più fortunati con un giardino o una terrazza, a volte con dei vicini più o meno tolleranti… praticamente per 24 ore al giorno! Dedotte alcune ore di sonno, il tempo trascorso assieme è tantissimo. La convivenza così ravvicinata, senza possibilità di “fuga” fisica, porta immancabilmente a momenti di tensione. A questo, aggiungete la necessità imperativa di trovare e mantenere la concentrazione: molti adulti devono continuare a lavorare a distanza confinati tra le mura domestiche; i bambini e i ragazzi devono svolgere compiti e lezioni online previste dal programma scolastico. Se ne ottiene così una miscela potenzialmente esplosiva!

 

Certo, la maggior parte dei genitori è consapevole del rischio di perdere la pazienza e s’impegna per trovare strategie, onde evitare di compiere azioni o dire parole di cui potrebbe subito dopo pentirsi. E la maggior parte di loro ci riesce. A volte però, no, e scappa la sberla o ci si ritrova a pronunciare una valanga di parole cattive. Può succedere.

Come gestire quindi tali momenti, per scampare al peggioramento della situazione?

 

Suggeriamo un approccio a 3 fasi:

  • Lasciare sbollire le proprie emozioni, aiutandosi con respiri profondi o altre tecniche di rilassamento che potrete facilmente trovare online.
  • Chiedere scusa al bambino facendo notare che, voi in quanto adulto, avete sbagliato nel ricorrere alla violenza.
  • Cercate di capire, parlandone con una persona fidata, come potreste reagire quando la stessa situazione si ripresenterà.

È molto importante eseguire queste tre fasi in modo autentico, senza rimproverare – neanche in maniera velata – il bambino. Siete voi, come adulto, ad aver sbagliato usando la violenza, anche se il bambino vi ha fatto uscire dai gangheri.

 

Comunque sia, ognuno di noi può contribuire a creare un clima più sereno e disteso per tutti, nonostante le difficoltà del momento: sono probabilmente i piccoli grandi gesti di empatia e solidarietà a fare la differenza. A questo proposito, leggete la news “Piccoli grandi gesti per sostenere se stessi e gli altri”. 

 

In conclusione, ricordiamoci che – sebbene noi adulti si sia preoccupati, destabilizzati e ansiosi per il futuro – i bambini sono tra le persone più vulnerabili e soffrono anch’essi per le misure di crisi messe in atto, almeno quanto noi grandi. Per di più, per loro è difficile capire cosa stia succedendo. Non permettiamo, quindi, che a fare le spese della pandemia – oltre alle persone che si ammalano e a volte muoiono – siano i bambini, ai quali viene a mancare la protezione contro ogni forma di violenza.

 

L’indirizzo e-mail della Fondazione ASPI info@aspi.ch e il numero di telefono  091 943 57 47 sono a disposizione di chi desidera approfondire l’argomento o cerca aiuto.

 

 

 


Leggete inoltre l’appello di Pro Juventute al mondo politico a tutela di bambini e ragazzi e firmate la petizione online.

ASPI aderisce all’appello di Pro Juventute al Consiglio federale: “nelle misure di contenimento del coronavirus, oltre alla tutela della salute di tutta la popolazione e alla protezione dell’economia, è indispensabile tenere in considerazione anche la tutela di bambini e giovani, nonché della loro salute mentale e fisica“. Contribuite alla causa, firmando la petizione online.