In Svizzera ancora tutto è fermo.

Il 2 luglio scorso, il Parlamento francese ha adottato all’unanimità una proposta di legge per vietare la violenza educativa ordinaria,  intesa come quella violenza fatta di sculaccioni, schiaffi, orecchie e capelli tirati, strattoni, ma anche umiliazioni, insulti e derisioni.

La Francia si appresta così a proibire le punizioni corporali nei confronti dei bambini, uscendo dall’ormai ristretto gruppo dei paesi in Europa – tra cui la Svizzera e l’Italia– che ancora non le hanno vietate: si tratta infatti del 56° stato ad introdurre un divieto di legge nel codice civile, in un paese dove si stima che l’85% dei genitori ricorre o ha usato delle violenze “educative” sui loro figli.

Il principio portante della legge è che non si educa con la paura. Si dice così addio ad una prerogativa genitoriale che definiremmo ottocentesca: il diritto alla correzione. Il nuovo testo di legge (art. 1 della legge VEO, violences éducatives ordinaires) modificherà l’articolo 371-1 del codice civile francese così come segue (sottolineata la frase aggiunta):

 

L’autorità parentale è un insieme di diritti e doveri la cui finalità è l’interesse del bambino. È affidata al padre e alla madre fino alla maggiore età o all’emancipazione del bambino, con lo scopo di proteggerlo nella sua sicurezza, salute e moralità, per assicurare la sua educazione e consentire il suo sviluppo, nel rispetto dovuto alla sua persona. L’autorità parentale è esercitata senza violenza fisica o psicologicaI genitori devono far partecipare il bambino alle decisioni che lo riguardano, in base alla sua età e al suo grado di maturità“.

 

In questo senso, il Segretario di Stato francese ha parlato chiaro: questo testo di legge invia “un segnale estremamente forte” e riflette il desiderio del governo di “promuovere un’educazione premurosa basata sul dialogo, sul rispetto reciproco“, al centro del “nuovo approccio alle politiche infantili“.

(fonte: www.rts.ch)

 

E in Svizzera?

ASPI da sempre si adopera per aumentare la consapevolezza in merito al tema dell’inefficacia e degli effetti dannosi dell’uso di punizioni corporali nell’educazione dei figli, sostenendo e promuovendo l’inserimento di un articolo di legge che le vieti.

Di recente il dibattito si è riaperto sui media e sui social della Svizzera Italiana, a seguito della vicenda delle sberle che ha visto protagonisti degli adolescenti e una signora al Parco Ciani. Una vicenda che ha ben mostrato, quanto il tema ancora divida. C’è chi sostiene un ritorno al “passato” e alle “maniere forti”, affermando che “uno schiaffo non ha mai fatto male a nessuno” e che anzi i giovani d’oggi andrebbero nuovamente educati a ceffoni e punizioni. Dall’altra parte, per fortuna, vi sono sempre più genitori attenti e informati che si impegnano a cambiare i loro modelli educativi, a favore di un’educazione rispettosa, empatica e basata sulla relazione con il bambino, cogliendone i frutti nella vita di tutti i giorni. Psicologi e pedagogisti concordano – sulla base di comprovati studi scientifici – che gli esercizi di potere non solo non funzionano, ma anzi possono produrre conseguenze negative e deleterie sullo sviluppo del bambino, diminuendo la sua autostima e aumentandone il comportamento antisociale.

 

In Svizzera, nel corso degli anni, sono stati presentate diverse mozioni per includere nel codice civile il divieto delle punizioni corporali e di ogni altra forma di trattamento degradante nei confronti dei bambini, ma queste sono state respinte o non prese in considerazione, sebbene il Comitato dell’ONU sui Diritti del Bambino ha  più volte chiesto che gli stati emanino una legge in tal senso.

«Le punizioni corporali non insegnano nulla, se non ad avere paura:
non faccio qualcosa per paura di prenderle e non perché capisco e scelgo di rispettare certe regole.
La paura sembra dare effetti nell’immediato, ma non insegna sul lungo periodo,
mina l’autostima e porta spesso a ripetere gli stessi comportamenti “violenti”».
Elisabetta Rossini, pedagogista e autrice insieme a Elena Urso del libro “I bambini devono fare i bambini”.

 

«L’essenziale non è lavorare sul bambino, ma sull’adulto perché impari
a trattenere le sue pulsioni e mantenere la calma. Ricordiamoci che l’educazione si fa prima di tutto per imitazione e che noi siamo il primo modello per i nostri bambini».
Anne Bacus, psicologa.

 

Altri riferimenti consultabili sul tema delle punizioni corporali: